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La Fibromialgia non è un’invenzione – l’importanza della diagnosi

Articolo a cura dal giornalista Federico Mereta del Secolo XIX.

Malati immaginari? Nemmeno per idea. Per le tante persone – soprattutto donne tra i 40 e i 60 anni – che soffrono di dolori diffusi, stanchezza al risveglio, mal di testa, la causa di tutti i problemi potrebbe avere un nome: fibromialgia. Ovviamente, per ipotizzare che la diagnosi sia questa bisogna che il dolore, che interessa diversi gruppi di muscoli ed articolazioni, si mantenga per almeno 3 mesi. Il problema è diffuso (addirittura ci sono statistiche americane che parlano di 8% della popolazione, ma le stime sono ovviamente ben più prudenti), ma spesso non viene riconosciuto, nonostante l’Oms abbia ufficialmente riconosciuto questa patologia già nel 1992. Il risultato è che spesso ci si trova sottoposti a trattamenti con antinfiammatori, che per inciso non portano alcun beneficio, o magari ci si sente guardare come se tutti i disturbi fossero legati all’umore cupo. Insomma, c’è il rischio di essere catalogati tra chi richiede solo attenzione per problematiche psicologiche.

“Il problema di questi mala­ti è che non esiste un esame diagnostico che consenta di arrivare con certezza alla dia­gnosi” spiega Massimo Giovale, responsabile della Struttura Semplice di Medicina Funzionale dell’apparato locomotore presso la Asl3 Genovese “Soltanto con una risonanza magnetica funzionale infatti ci si può accorgere che nei ma­lati si attivano aree diverse ri­spetto a chi non soffre della patologia. Ovviamente, il pa­ziente lamenta una difficoltà a relazionarsi con il medico: spesso non viene creduto, il suo quadro è sottostimato perché non si arriva a una diagnosi corretta”­

Ipersensibilità

Chi è affetto dalla patologia reagisce a stimoli normalmente non dolorosi.


Cercare di comprendere co­sa succede, quindi, appare d’obbligo. Ma non è semplice. La fibromialgia è infatti una sindrome dolorosa cronica di cui non si conosce la causa, che si manifesta con problemi a carico di alcune sedi specifi­che: tra i disturbi legati a que­sto quadro complesso posso­no esserci anche la debolezza, un sonno che non appare riposante, addirittura problemi come il colon irritabile. Una certezza però esiste: la patologia già appare fortemente correlata a traumi fisici o psicofisici che in un soggetto predisposto possono dare vita a queste disfunzioni. Tradotto in parole semplici: insieme alla predisposizione genetica, che porta ad avere un maggior rischio di sviluppare la malattia in per­sone che hanno già casi in famiglia, la tensione può giocare un ruolo importante nel determinare il quadro.

“La fibromialgia è correlata a stress, fisico o psicosociale, depressione e ansia, che ne so­no spesso il fattore scatenan­te” conferma Giovale “inoltre, in chi ne soffre si attiva un’ipersensibilità a stimoli che normalmente non sono dolorosi. li problema è che il meccanismo che porta al do­lore è particolare: esiste infatti un fenomeno di sensibilizzazione “centrale” (in pratica c’è un coinvolgimento diretto del sistema nervoso) e questo incide anche sulle possibilità di cura. I farmaci antinfiammatori possono non modifica­re il dolore stesso e quindi le cure che si fanno normalmen­te risultano spesso inefficaci”.

2 persone su 3 soffrono di fibromialgia

Il 30% delle altre patologie reumatiche si associa a fibromialgia.

Ciò che conta, in ogni caso, è riconoscere chi soffre di questa condizione. E non è certo facile, visto che la diagnosi è clinica e non esistono test specifici per arrivare a identificare la malattia. Spesso si arriva a individuare i malati dopo molto tempo, anche perché i disturbi sono tipici di molti quadri patologici e quindi oc­corre procedere per esclusio­ne.

“Fondamentale è pensare anche a questo quadro, considerando che il 30% delle altre patologie reumatiche si associa a fibromialgia e che quasi 2 perso­ne su 3 che soffrono di questa condizione presentano altre malattie croniche” conclude Giovale “ciò che conta è ricordare che una diagnosi errata può portare il paziente verso l’autogestione della malattia che rende ancor più difficile inquadrare correttamente la situazione. Il dolore è tale che il paziente può arrivare a soffrire di allodinia, ovvero percepire dolori per stimoli che normalmente non creano problemi, o comunque tende ad avere reazioni molto intense anche se gli stimoli sono mi­nimi. Per questo, mettere in atto un approccio multidisciplinare, anche sfruttando modalità di cura che si stanno affacciando, può essere davvero d’aiuto per i fibromialgici”.

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